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Previdenza, nel 2020 l'assegno calerà del 10%

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15 ottobre 2009

La leggerezza della pensione, rispetto all'ultimo stipendio, comincerà a farsi sentire attorno al 2020. In quell'anno, quando avrà lasciato l'impiego anche l'ultimo lavoratore che ancora poteva contare su un assegno almeno in parte calcolato con il vecchio sistema retributivo, la pensione sarà di circa dieci punti percentuali più leggera rispetto a quella di oggi.

Secondo le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato sui tassi di sostituzione del sistema pensionistico obbligatorio, effettuate applicando i nuovi coefficienti di trasformazione aggiornati ogni tre anni come prevede la legge sulla base delle stime demografiche, un lavoratore dipendente di 65 anni con 30 anni di contributi incasserà nel 2020 una pensione pari al 55,1% dell'ultimo stipendio (contro il 61% previsto nel 2010). Un po' meglio andrà se lo stesso lavoratore dipendente ha raggiunto i 40 anni di contributi: dall'81,6% dell'anno prossimo al 74,5% del 2020.

Per un lavoratore autonomo della stessa età il rapporto tra primo assegno previdenziale e ultimo stipendio scende più velocemente: dal 49,2% al 37,8% in caso di 30 anni di contributi e dal 81,3% al 56,3% con 40 anni di versamenti effettuati.

È anche da questi numeri che parte la riflessione di quanti chiedono un nuovo intervento sulle pensioni che vada nella direzione di un posticipo, magari incentivato, del momento del ritiro. Nello scenario base preso in considerazione dalla Ragioneria, una buona compensazione alla debolezza delle future pensioni può essere garantita solo dalla previdenza complementare. Nelle stime RgS, per un lavoratore di 63 anni con 35 di contributi il differenziale lordo tra prima pensione e ultimo stipendio scende solo al 66% se c'è anche il secondo pilastro (contro il 62% previsto con la sola pensione obbligatoria). E più si allunga l'orizzonte temporale più la differenza diventa grande: nel 2040 lo stesso pensionato avrà una pensione pari al 53% dell'ultima busta paga, se non avrà scelto di aderire a un fondo integrativo, caso nel quale il tasso di sostituzione si stabilizza invece al 64% dell'ultimo stipendio. Nello stesso anno il suo collega lavoratore autonomo artigiano 65enne avrà un assegno pari al 33% dell'ultimo stipendio senza pensione integrativa, mentre con l'«assegno di scorta» arriverebbe al 44 per cento.

I coefficienti, vale a dire i moltiplicatori che servono per calcolare l'importo annuale dell'assegno determinato con il metodo contributivo o anche "misto", da soli non basteranno a stabilizzare la spesa pensionistica. Lo ha scritto nel suo "Libro bianco" il ministro Maurizio Sacconi. E la grande crisi che ha colpito l'economia italiana lo ha purtroppo confermato. Questi parametri legano la rivalutazione della base di calcolo delle future pensioni sulla crescita media geometrica quinquennale del Pil. Nelle stime della Ragioneria, l'ipotesi base è di una crescita nominale del Pil del 3,51% a partire dal 2010, mentre com'è noto quest'anno si chiuderà con un segno negativo (-5,3%). A differenza dei coefficienti svedesi, inoltre, quelli italiani considerano l'aspettativa di vita media e non sono legati alla coorte dei singoli lavoratori che passano alla pensione, sono uguali per uomini e donne (nonostante la diversa speranza di vita tra i due sessi) e non tengono neanche conto delle diverse mansioni affrontate nel corso della vita attiva (chi lavora alla scrivania e in un ambiente protetto ha una speranza di vita superiore a chi lavora in una cava). Insomma, appena entrati in vigore, questi calcolatori automatici andranno sottoposti a forte manutenzione.

Ma dall'anno prossimo che effetto produrranno i coefficienti sulle nuove pensioni? Nella simulazione riportata qui a fianco ci si limita alle pensioni di vecchiaia che verranno percepite da lavoratori che hanno compiuto 65 anni (60 se donne), con un'anzianità contributiva pari a 30, 25 o 20 anni. Come si vede, rispetto alla situazione attuale, la perdita in termini di pensione annua è abbastanza modesta – dall'1% in meno (260 euro) fino a un massimo del 3,7% (573 euro) – anche se la penalizzazione sale per chi può contare su un minor numero di contributi. Restano ancora fuori impatto le pensioni di anzianità, accessibili con almeno 35 anni di contributi: questi assegni entro qualche anno saranno agganciati al solo regime retributivo.
(D. Col.)

15 ottobre 2009
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